L’intervista rilasciata a FMI Facility Management Italia n.30/2016 dal Presidente Mattioli

Riforma degli appalti:
il punto di vista delle imprese di servizi

a cura di Romano Florenzi

Attraverso il D.lgs. n. 50/2016, il nuovo Codice degli Appalti Pubblici è ormai legge dello Stato. A due anni dall’avvio del lungo e complesso processo di recepimento delle tre nuove Direttive 2014/23-24-25/UE, il nostro Paese – entro i termini stabiliti – ha portato a termine una complessa riforma di riordino della materia dei contratti pubblici. Lungo tutto questo percorso, spesso assai accidentato, le principali Associazioni imprenditoriali della filiera di mercato dei servizi di Facility & Energy Management per i patrimoni pubblici – AFIDAMP, ANIP, ASSISTAL, FNIP e LEGACOOP SERVIZI – con il supporto scientifico di PATRIMONI PA net, il laboratorio TEROTEC & FPA, hanno svolto un’intensa campagna di informazione e sensibilizzazione degli organi e dei referenti politici istituzionali, al fine di far cogliere l’opportunità del recepimento delle Direttive europee per definire finalmente un quadro normativo in grado di accogliere le istanze anche degli operatori del comparto dei servizi. E ciò nell’ottica di valorizzare, supportare e potenziare un mercato che, grazie all’elevato impatto occupazionale e al peso economico rappresentato, può fungere – ben più ormai del settore del settore dei lavori pubblici – da straordinario motore per la ripresa dell’economia nazionale. Una campagna che ha visto due fasi decisive: la presentazione nel 2015 del primo “Manifesto del mercato dei servizi” (v. “FMI” n. 26/2015) e la proposizione di numerosi emendamenti ai testi legislativi, in gran parte recepiti. In questo quadro, oggi – a distanza di più di un mese dall’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti – è tempo di primi bilanci e a tal fine “FMI” ha inteso interpellare Lorenzo Mattioli, portavoce delle Associazioni del “Manifesto del mercato dei servizi”, oltre che Presidente di ANIP – Confindutria.


Il nuovo Codice degli Appalti è legge dello Stato. Si può dire che finalmente le imprese di servizi “ce l’hanno fatta”?
Certo è che abbiamo lavorato molto. Come portavoce del “Manifesto del mercato dei servizi per i patrimoni immobiliari e urbani pubblici”, promosso dalle principali Associazioni di imprese del settore dei servizi di Facility & Energy Management, ossia ANIP – Confindustria di cui sono Presidente, AFIDAMP, ASSISTAL, FNIP e LEGACOOP SERVIZI, con il supporto scientifico di PATRIMONI PA net, il laboratorio TEROTEC & FPA, posso affermare, senza timore di poter essere smentito, che siamo stati tra i primi ad attivarci per vedere innanzitutto riconosciuta al settore dei servizi dignità pari a quella dei lavori pubblici, per garantire ai committenti pubblici una sempre crescente qualità dei servizi di cui necessitano, per attuare le Direttive europee in materia di appalti e concessioni con regole chiare, atte ad agevolare la creazione di un sistema permeato da legalità ed efficienza. A tal fine, ci siamo realmente battuti propugnando una necessaria semplificazione delle norme, l’applicazione di criteri di selezione delle offerte idonei, da un lato, a consentire alla pubblica amministrazione di acquistare servizi di qualità a prezzi congrui e, dall’altro lato, a consentire alle imprese del settore di evitare la “ghigliottina” del massimo ribasso che tanti danni ha prodotto e sta producendo non solo per le imprese, sottoposte a fenomeni sempre crescenti di “dumping” salariale, ma anche per la pubblica amministrazione, che ha fin qui dovuto fare i conti, sempre più sovente, con un costante decremento della qualità dei servizi acquistati. Aspetto quest’ultimo che assume connotati assai preoccupanti nel caso in cui i servizi acquistati sono quelli afferenti, ad esempio, alla manutenzione, alla pulizia e al decoro dei patrimoni immobiliari e urbani pubblici del nostro Paese.
Abbiamo svolto la nostra attività attraverso incontri e tavoli specifici di lavoro, coinvolgendo l’imprenditoria sana del settore e cercando di far arrivare la nostra voce a tutti i livelli istituzionali, certi della bontà e dell’utilità per il sistema Paese delle nostre idee e delle soluzioni proposte. Lo abbiamo fatto seguendo tutto l’iter di recepimento delle Direttive: dalla fase di consultazione finalizzata alla stesura del disegno di legge delega a quella relativa al decreto delegato. E’ stata un’attività assai intensa, svolta con l’unico obiettivo di non perdere l’occasione storica, offerta dalle Direttive europee in materia di appalti, per rilanciare all’insegna della legalità, dell’efficienza e della modernità un settore, qual è quello degli appalti pubblici, che costituisce anche a mente del legislatore europeo un volano fondamentale di sviluppo economico.
E’ altrettanto certo che non mi sento di dire “ce l’abbiamo fatta”. Il grande ed impegnativo lavoro svolto è sicuramente stato determinante per far recepire alcune delle nostre istanze fondamentali. Nel testo del nuovo Codice degli appalti, tuttavia, a fianco delle luci, si trovano anche diverse ombre. Potrei dire in definitiva: siamo finalmente partiti nella giusta direzione, ma la strada da fare è ancora tanta e numerose sono le insidie presenti lungo il cammino.
Sfortunatamente il contrastato cammino della nuova normativa ha incontrato una certa “fretta” della politica, che non ha certamente aiutato a costruire un testo coerente, forte e giuridicamente inattaccabile. Le forze che hanno remato contro una normativa autenticamente moderna, in linea con le indicazioni comunitarie, sono probabilmente da rintracciarsi nel peso ancora forte che hanno nel nostro Paese alcuni settori imprenditoriali, politici e sociali che sono cresciuti con il vecchio sistema e che hanno cercato in tutti i modi di contrastarne una radicale riforma.

Insomma, un giudizio improntato ad una certa cautela ed in parte ancora in sospeso sul complesso della riforma della nuova normativa?
Direi un giudizio per ora solo parzialmente positivo, con una valutazione complessiva ancora in sospeso, anche per la necessità di approfondire i complessi contenuti e le possibili ricadute della nuova normativa. Ci ripromettiamo ovviamente di studiare ancora più a fondo il nuovo Codice. Nelle prossime settimane le diverse anime che si sono riunite nel “Manifesto del mercato dei servizi per i patrimoni immobiliari e urbani pubblici” organizzeranno opportune iniziative in tal senso e, anche all’interno della mia Associazione, si svolgeranno incontri di approfondimento e tavoli tematici che vedranno la partecipazione di esperti in grado di aiutarci a comprendere e valutare cosa cambia nel concreto con l’applicazione della nuova norma. Il giudizio definitivo sul nuovo Codice dei Contratti Pubblici passa, in ogni caso, anche dall’elaborazione da parte dell’ANAC, sulla base del dettato normativo, della cosiddetta “soft law”, vale a dire delle linee guida che dovrebbero fornire indicazioni interpretative ma, soprattutto, attuative e operative utili per gli operatori del settore. L’auspicio è che in questa delicatissima fase l’ANAC, così come ha peraltro dichiarato pubblicamente il Presidente Cantone e ribadito il Consigliere Corradino aprendo le consultazioni pubbliche on line, ascolti attentamente le parti sociali al fine di raccogliere le istanze idonee a consentire di recuperare, almeno in parte, lo scatto innovativo che nell’impianto della norma non riusciamo a vedere in diversi tratti principali.

Quali sono, a suo avviso, i tratti più salienti di novità del nuovo Codice degli Appalti?
Indubbiamente molte sono le novità apportate dal nuovo Codice rispetto alla precedente normativa e proverò a segnalarne le principali.
Innanzi tutto una significativa semplificazione, perlomeno quantitativa: si passa dagli oltre 600 articoli del precedente Codice e relativo Regolamento, ai 217 attuali, al cui contenuto andrà comunque aggiunto quello delle menzionate linee guida ANAC.
E proprio citando l’ANAC, il ruolo centrale che assumerà l’Autorità nell’ambito degli appalti pubblici: l’ANAC, infatti, oltre a definire i criteri per la qualificazione delle imprese, avrà anche una serie assai complessa ed articolata di responsabilità e compiti aggiuntivi allo scopo di vigilare sul rispetto di tutta la normativa in materia di contratti pubblici e – c’è da sperarlo – di indirizzare e coadiuvare le stazioni appaltanti attraverso linee di indirizzo chiare e “illuminate”.
Da segnalare anche la qualificazione delle stazioni appaltanti e l’introduzione del rating di legalità delle imprese.
Una fondamentale novità riguarda anche il massimo ribasso, criterio di aggiudicazione prima libero, rispetto al quale il nuovo Codice pone dei vincoli e dei limiti significativi a vantaggio dell’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, intesa come miglior rapporto qualità-prezzo.
Infine, evidenzierei la riformulazione del limite del 30% per l’affidamento di attività in subappalto.
Il testo normativo presenta anche altre novità di interesse per il settore dei servizi, la cui incidenza però potrà essere valutata soltanto con l’applicazione pratica delle nuove regole.

Novità rilevanti, molte delle quali veicolate, recepite ed introdotte grazie al complesso di emendamenti proposti dalle citate Associazioni imprenditoriali del comparto dei servizi.
Come ho già premesso, abbiamo svolto un lungo e intenso lavoro che ha generato alcuni importanti frutti. Grazie alla sinergia delle Associazioni promotrici del “Manifesto dei servizi” e grazie anche alla sensibilità delle forze politiche, siamo riusciti infatti a veder recepite alcune delle nostre proposte più importanti. E tra queste, quelle già menzionate che tendono a superare l’utilizzo del criterio di aggiudicazione basato solo sul prezzo per l’aggiudicazione di contratti di servizi afferenti al nostro settore e, segnatamente, obbligano le stazioni appaltanti ad applicare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per una serie di servizi e, comunque, per quelli ad alta intensità di manodopera. Abbiamo sostenuto, infatti, la preferenza per l’utilizzo del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo valutato con criteri oggettivi, in particolare per quello che riguarda i contratti pubblici di servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché quelli di servizi “labour intensive”.
Ma dobbiamo citare anche le nuove disposizioni in materia di disciplina delle c.d. “clausole sociali” all’interno dei bandi di gara, così come le disposizioni incentrate sulla progettazione dei servizi, nei confronti della quale si sono superate le criticità legate alla sottovalutazione della fase progettuale negli affidamenti di appalti settoriali. Per i servizi di Facility & Energy Management, il processo di pianificazione e progettazione risulta estremamente importante, se non decisivo, tenuto conto della particolare natura di questi servizi, specie di quelli assai complessi associati a contratti di Global Service.
Permane tuttavia la forte preoccupazione che anche tutti gli importanti avanzamenti determinati dal recepimento delle proposte da noi formulate, possano essere ridimensionati, se non inficiati, poichè di fatto incardinati in un sistema che rischia di essere debole nei presupposti, soprattutto se confrontato con quello di altri Paesi europei. Sono sincero, avrei preferito una traduzione letterale della normativa europea. Ma voglio essere ottimista, così come lo sono tutti gli altri rappresentanti delle Associazioni del “Manifesto dei servizi”: continueremo a lavorare, utilizzando tutti gli spazi a nostra disposizione, per migliorare nei limiti del possibile la normativa. Ed è proprio quello che stiamo già facendo cercando di fornire il nostro fattivo contributo nella fase di consultazione che porterà all’adozione delle linee guida ANAC.

Multiservizi, Global Service, servizi integrati ed oggi Facility Management: l’articolata filiera dei servizi, che in questi anni ha cambiato spesso nome, ha trovato finalmente una strada unitaria?
I servizi di Facility Management per i patrimoni immobiliari e urbani – manutenzione, pulizia, igiene ambientale, energia, security, logistica, ecc. – rappresentano un settore che, anche nel quadro economico di crisi degli ultimi anni, ha saputo confermare un trend di continua e costante crescita (+10,4% nel solo 2012), anche in termini occupazionali (2,5 milioni di occupati) e di PIL (oltre l’8% del PIL). Numeri importanti che potrebbero crescere ulteriormente se il Paese adottasse politiche ad hoc volte alla “riqualificazione” specie energetica del patrimonio pubblico esistente: un impegno concreto per il “green building” potrebbe generare ulteriori 400.000 posti di lavoro e portare ad un risparmio di 1,2 miliardi l’anno di spesa di consumi energetici per le PA. La crescita in termini occupazionali e di giro d’affari del settore dei servizi è ormai un dato incontestabile, cui deve fare seguito una specifica disciplina che tenga conto delle peculiarità del comparto, troppo spesso e a torto considerato meno strategico e meno rilevante di quello manifatturiero e di quello delle costruzioni.
Come ho premesso, per dare dignità a questo settore e consentire al Paese di cogliere le opportunità di ripresa economica e occupazionale, le cinque più importanti Associazioni di imprese del Facility Management – AFIDAMP, ANIP, ASSISTAL, FNIP e LEGACOOP SERVIZI – hanno condiviso il “Manifesto del mercato dei servizi”, con il primo e fondamentale obiettivo di assicurare che nel recepimento delle nuove Direttive europee in materia di appalti pubblici e concessioni si prestasse sufficiente ed adeguata attenzione al comparto dei servizi, con particolare attenzione e considerazione ai servizi “labour intensive” ed al settore del Facility Management.
Sono sicuro che i buoni e importanti esiti del nostro lavoro saranno forieri di ulteriori momenti di approfondimento e condivisione, come del resto ci chiede il mercato della domanda e dell’offerta.
Del resto il percorso stesso che ha portato all’elaborazione del “Manifesto” condiviso dalle cinque Associazioni nasce dall’esigenza di una rappresentanza unitaria degli interessi delle imprese di servizi che operano nell’ampio comparto della gestione e valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani pubblici, superando l’esistente frammentazione e le eventuali divergenze, per dare dignità e visibilità a questa ampia filiera in cui operano migliaia di imprese, spesso PMI, così come numerose grandi imprese, anche di dimensione multinazionale. Le Associazioni hanno pertanto già individuato e condiviso una prima fondamentale piattaforma di proposte concrete per dare al settore trasparenza, legalità, qualità ai servizi resi e rispetto delle regole in materia di lavoro.

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