Non solo Brexit: sguardo sulla geopolitica con grande curiosità verso la Cina

Nuovo appuntamento con QUI LONDRA – rubrica curata da Claudio Cornini*, fondatore della boutique finanziaria londinese Cornhill & Harvest. Una realtà che in partnership con ANIP offre un importante aiuto per lo sviluppo delle nostre imprese.

Tempi interessanti per la geopolitica. Mentre qui a Londra ci si sbornia di Brexit, un confronto di ben maggiori implicazioni – potenzialmente anche militari – si sta svolgendo sul Pacifico.

E’ cominciato con la guerra tariffaria USA-Cina, aperta da Trump alcuni mesi fa. Viene la facile tentazione di leggere le prese di posizione del Presidente come qualcosa a cavallo tra la negazione di tutto quello che ha fatto il suo predecessore ed un posizionamento duro, di tipo tattico – per poi chiudere un accordo a condizioni migliori. Chiunque ha a che fare con CEOs corporate volitivi, sa di che parlo.

Attualmente, dei negoziati tra i due paesi sono in corso e la mood music sembra positiva. Sembra anche che la scadenza del primo marzo per la applicazioni di ulteriori sanzioni USA possa essere prorogata. Si tratta di attendere e vedere.

Ma la faccenda si complica se la si vede sullo sfondo della fine del ciclo di forte crescita dell’economia cinese e, al contempo, della volontà della Cina di svolgere una geopolitica “assertiva”.

Il ciclo economico vede una Cina proiettata ad una crescita del solo 4-2%, percentuale inferiore a quella che serve a tenere in piedi l’improbabile alleanza tra un sistema (crescentemente) totalitario ed una estesa borghesia. La Cina ha anche poche armi a disposizione per stimolare l’economia, avendo esaurito il ricorso al credito, fin troppo spinto negli ultimi decenni. Le uniche misure disponibili sono la socializzazione delle perdite del sistema bancario e i disinvestimenti internazionali (non una buona notizia per l’Eurozona).  Potrebbe non bastare: se cosi’ fosse, vedremo una nuova crisi tipo 2008. In questi casi un nemico esterno soccorre.

Il problema di una geopolitica “assertiva” e’ che la Cina non non fa parte dei paesi retti dalla “Rule of Law”. Globalmente non molti, ahime’. Un newcomer come la Cina si pone tipicamente contro, come fecero la Germania e l’Italia nella prima meta’ del secolo scorso.

Forse, dietro la guerra tariffaria mossa dagli USA alla Cina, che sta peraltro costando posti di lavoro all’America, c’è la volontà di contrastare (tardivamente?) un posizionamento minaccioso cinese, non (solo) in portaerei, tipo Germania del Kaiser, ma in cyberpower – lo spazio dove si combatteranno verosimilmente le guerre, fredde o calde, del futuro prossimo.

Non mi riferisco soltanto ai cyberattacks, ma alla capacita’ di inserire nei sistemi nemici, delle “cellule informatiche” dormienti, attivabili in caso di crisi per bloccare infrastrutture (fisiche, di distribuzione merci, finanziarie) e apparati militari ostili.

Si dice che la Cina stia puntando sui fantomatici Quantum Computers, computers che funzionerebbero sulla base dei misteriosi comportamenti della materia nell’infinitamente piccolo subatomico. Non so se e’ solo conspiracy theory, ma quello che sappiamo e’ che la Cina e’ fortissima sul 5G. E la vicenda di spionaggio di Huawei, tra USA, Canada e Cina, ruota intorno a questi timori.

Già, il protezionismo tecnologico si profila come una necessita’ di sicurezza, ma, a mal pensare, e’ la nuova frontiera del protezionismo tout court. Per tornare da queste parti, una delle prime mosse post-Brexit dell’UE e’ la estromissione del UK dalle parti sensibili del progetto Galileo di navigazione GPS. Le applicazioni militari sarebbero troppo sensibili per essere condivise con un alleato NATO (con truppe di stanza sul continente) come la Gran Bretagna!

Il protezionismo tecnologico e’oggi fattorizzato nelle scelte di investimento e viene visto da molti come il motore della possibile inversione di marcia della globalizzazione. Se ne e’ parlato molto a Davos.

Ora, la Rule of Law e il cyberpower e sono argomenti affascinanti ma forse  troppo “alti”. C’e’ tuttavia un risvolto piu’ vicino. Come sempre, questa rubrica va dal generale al particolare.

La Rule of Law vale anche per le regole della vita economica cui le aziende ANIP si uniformano nel quotidiano, e per il cui rispetto l’Associazione vigila. Per tutte, quella del vantaggio economico nelle gare pubbliche, in luogo del massimo ribasso. E circa il nostro cyberpower, l’esigenza è sempre più avvertita per l’innovazione nei sistemi di gestione aziendale e – ancor più- di delivery dei servizi alla clientela. Del futuro della globalizzazione, nell’immediato, ci preoccupiamo di meno.

*Claudio Cornini, Director Cornhill & Harvest Limited

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