Tassa licenziamento (NASpI): i tanti perché di un pasticcio (annunciato)

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Prima lo dicevano gli imprenditori, le associazioni di categoria, qualche sindacalista, diversi politici insieme ad alcuni opinion leader: oggi, finalmente, c’è una ricerca scientifica a dettagliare le incongruenze, le contraddizioni, gli effetti distorsivi, insomma, il pasticcio che è stato introdotto con la tassa sul licenziamento prevista dalla legge 92/2012.

Grazie alla partnership avviata tra ANIP – Confindustria e la Fondazione EYU, che prevede alcune attività di studio e approfondimento sui temi del lavoro e del mercato dei Servizi Integrati in Italia, lo scorso 20 settembre, presso la sala Giunta della Camera di Commercio di Roma, sono stati presentati in anteprima, nel corso di un seminario di lavoro a porte chiuse – al quale sono intervenuti, tra gli altri, Lorenzo Mattioli, Presidente di Anip e Domenico Petrolo, Responsabile Relazioni esterne e Fundraising della Fondazione EYU – i primi risultati dello studio “per una riforma del ticket sul licenziamento”, realizzata dal Prof. Roberto Leombruni del Dipartimento di Economia Statistica dell’Università di Torino (Report, slides).

“Il primo obiettivo condiviso in questo nuovo piano di collaborazione attivato tra noi e la Fondazione EYU – ha dichiarato Lorenzo Mattioli – è stato quello di porre l’attenzione su una questione che attualmente ha un forte impatto nel mondo del lavoro, quello della tassa sul licenziamento (NASpI), che interessa le associazioni di categoria, le imprese e i lavoratori del comparto dei Servizi, coinvolgendo direttamente le parti sociali, il parlamento e il governo. I primi risultati della ricerca condotta dal professor Leombruni – ha proseguito il presidente di ANIP – hanno messo a fuoco in maniera estremamente efficace, perché supportati da rigorose analisi scientifiche, tutti quei dubbi e quelle perplessità che hanno spronato la nostra opposizione a questa legge, evidenziando contraddizioni, incongruenze e confusioni che motivano ancor di più la necessità di rivedere la norma”.

L’incontro di Roma, che ha visto la presenza di molti membri parlamentari delle Commissioni Lavoro, Attività Produttive, Finanze e gran parte dei rappresentanti del mondo dei servizi, ha offerto una prima occasione di confronto sulla NASpI a partire da un lavoro scientifico capace di ridefinire i contorni di un argomento cosi particolare, sino ad ora non sempre affrontato in modo pertinente. Scopo della ricerca è stato quello di argomentare a favore di una riforma del ticket che, nella configurazione attuale – e soprattutto se venisse esteso ai cambi di appalto, presenta una serie di effetti distorsivi in contrasto sia con i principi ispiratori della legge, che con le più recenti riforme del mercato del lavoro, di tutela dei lavoratori e di funzionamento degli appalti.

I primi risultati dello studio e il successivo confronto scaturito dal “tavolo di lavoro” del 20 settembre hanno evidenziato, in particolare, come “la legge 92/2012 ha introdotto una tassa sul licenziamento (il cosiddetto “ticket”) come forma di co-finanziamento del sussidio NASpI e che ha consentito, da un lato, di renderne l’assegno più generoso, dall’altro di introdurre un incentivo per le imprese a prendere decisioni di licenziamento che tengano conto anche dei costi sociali legati a queste scelte.
Il ticket, però – continua lo studio – presenta dei difetti di disegno, innanzitutto per il metodo di calcolo che non considera né il livello della retribuzione né il lavoro part time. Questo implica un contributo regressivo che, oltre a porre questioni di equità, produce un aggravio nel costo del lavoro che per il lavoro part time a bassa qualifica è quantificabile nel 6-7%.
Inoltre, è in scadenza a fine 2016 l’esenzione dal contributo prevista nel caso dei cambi di appalto in presenza di clausole sociali. L’esenzione riguarda settori dove le clausole sociali già operano efficacemente per limitare il più possibile i costi sociali legati al licenziamento. Nel caso dei Multiservizi, il cui CCNL per primo ha introdotto una clausola sociale, il 90% dei lavoratori licenziati dall’azienda in uscita dall’appalto è reimpiegato in modo stabile dall’azienda che subentra; percentuale più che doppia rispetto a quanto si osserva negli altri settori.
L’estensione del contributo ai cambi di appalto quindi non sarebbe giustificato né dalla ratio stessa della legge, né dalla necessità di finanziare il pagamento della NASpI: l’esenzione, infatti, riguarda solo i lavoratori che, in applicazione della clausola, sono effettivamente riassunti dall’azienda subentrante. Al contrario, rischierebbe di deteriorare le dinamiche virtuose che le clausole sociali hanno prodotto nei settori labour intensive, per l’operare di possibili effetti distorsivi in contrasto con le più recenti riforme del mercato del lavoro, che vanno dalla penalizzazione del lavoro part time, al ritorno a forme di lavoro precarie, all’incentivo alla partecipazione alle gare d’appalto con offerte al ribasso da parte delle imprese titolari”.

Le analisi proposte nella ricerca suggeriscono, innanzitutto, di prevedere in via definitiva la non applicabilità del contributo nel caso dei cambi di appalto. Anche la modalità di calcolo del ticket, però, richiede un ridisegno, che vada verso un contributo commisurato all’eventuale costo sociale generato – rapportandolo quindi alla retribuzione media mensile – in modo da eliminarne la natura regressiva e da garantire un più equo aggravio del costo del lavoro tra settori diversi dell’occupazione.

Ma di tutto questo, se ne riparlerà a LiFE 2016, in occasione della presentazione completa della ricerca promossa da ANIP e Fondazione EYU.

Per una riforma del ticket licenziamento – Report: www.associazione-anip.it/wp-content/uploads/2016/10/REPORT_Per-una-riforma-del-ticket-licenziamento.pdf
Per una riforma del ticket licenziamento – Slides: www.associazione-anip.it/wp-content/uploads/2016/10/SLIDES_ticket-licenziamento.pdf

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