Vincenzo Boccia, presidente Confindustria, all’Assemblea Generale di ANIP: la Confindustria per un “futuro diverso” del Paese

Molto atteso, e applaudito, l’intervento del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, all’ultima Assemblea Generale di ANIP svoltasi il 20 luglio scorso a Roma (di cui abbiamo dato ampio resoconto dell’ultima newsletter), ha rilanciato alcuni temi salienti della relazione di Lorenzo Mattioli, delineando in maniera efficace il nuovo corso della politica confindustriale verso il sistema paese e il contesto europeo.

Di seguito il testo integrale del discorso.

Ringrazio e saluto il presidente Lorenzo Mattioli per l’invito all’Assemblea generale ANIP. Un saluto a voi tutti, con molti dei quali ci conosciamo da tempo per aver vissuto insieme il percorso nei Giovani Imprenditori. Ognuno di noi è, in fondo, anche le persone che ha incontrato, i libri che ha letto, i maestri di scuola e di vita che ha avuto. Aver vissuto una stagione associativa importante nei Giovani Imprenditori insieme ad alcuni di voi, e ritrovarci oggi in ruoli di responsabilità, con professionalità, è una testimonianza preziosa sul ruolo formativo del nostro Sistema.

Mi fa piacere ritrovarmi in tanti passaggi del discorso del Presidente Lorenzo Mattioli ed ho apprezzato l’inizio di questo nostro incontro con l’inno nazionale e la bandiera italiana. Nel tricolore, oltre l’elemento del “cuore”, c’è anche la nostra idea di Confindustria: raccontare il Paese, partendo dalla questione industriale per andare oltre e raccontare l’Italia nei suoi tanti aspetti.

Un racconto del Paese che per analogia, commentando la frase di Bernard Shaw che citava Lorenzo Mattioli nella sua relazione (“L’immaginazione è l’inizio della creazione. Le persone immaginano quello che desiderano, poi vogliono quello che immaginano e alla fine creano quello che vogliono”), mi fa dire: “racconta il Paese per quello che è e lo resterà, racconta il Paese per come vorresti che fosse e lo diventerà”.

Noi abbiamo scelto di adottare quest’ultimo atteggiamento, rimarcando la differenza tra la constatazione e la visione, nella convinzione che è la visione a determinare la realtà, non la constatazione. Il nostro ruolo politico è quello di lavorare per la visione e la proposta, altrimenti saremmo fermi alla denuncia e alla lagnanza.

Un altro concetto condivido pienamente della relazione del presidente Mattioli: la “consapevolezza”. Questa contraddistingue la stagione che dobbiamo vivere e che ci vede fortemente impegnati nel far crescere l’attenzione sulla “questione industriale”.

Viviamo il paradosso del secondo Paese industriale d’Europa che non ha piena consapevolezza della propria forza industriale. Una questione che suscita due sentimenti contrastanti: l’orgoglio e la rabbia. L’orgoglio, appunto, di essere il secondo Paese industriale e rappresentare un’industria forte; la rabbia di non vederla adeguatamente compresa. Questa Confindustria ha una idea “larga” dell’industria: industria manifatturiera, delle costruzioni, della cultura, dei servizi e del turismo. Ma non perché tutto deve essere incluso in una logica di sintesi di rappresentanza, ma perché in ogni punto dove noi individuiamo l’industria c’è un elemento di ricchezza che attiene al Paese, e quindi c’è la nostra idea di Paese.

In questa strada abbiamo già descritto quale industria immaginiamo: una industria eccellente in ogni sua funzione, che aggiunge servizi ai prodotti, ad alto valore aggiunto, ad alta intensità di produttività, ad alta intensità di investimenti. Una visione di industria da cui scaturisce il nostro pensiero su cosa deve fare Confindustria, sulla politica economica, su quale Europa e su quali riforme.

Faccio i miei complimenti per il video di presentazione di Anip, perché apre ad un altro binomio molto importante: orgoglio e identità. Orgoglio di appartenere alla vostra associazione ed essere parte della grande famiglia che si chiama Confindustria, partendo da una dimensione di Identità specifica.

Come Presidente di Confindustria desidero esprimere un sincero sentimento di gratitudine e riconoscenza per l’impegno che vi vede coinvolti come imprese e come associazione per la costruzione di quel progetto comune che vede Confindustria coinvolta per la definizione di quel “futuro diverso” che anche il presidente Mattioli ha richiamato nella sua relazione.

Ci hanno insegnato che in economia, come in politica, non c’è contemporaneità tra causa ed effetto, così i risultati di quello che fai oggi lo vedi solo domani. Quindi se vogliamo costruire un futuro diverso, lo dobbiamo fare in questo presente, facendo delle cose i cui risultati si vedranno un domani.

Tornando all’articolazione del nostro concetto di “industria larga”, dobbiamo puntare su due parole importanti: collaborazione e contaminazione.

Contaminazione interna, nella sinergia servizi-prodotti, servizi – turismo-cultura e industria, e contaminazione esterna con altri mondi che devono comprendere quella consapevolezza che manca al Paese. E qui torniamo a quella “questione industriale” che l’Italia deve affrontare in una logica di soluzione.

Con Anip condividiamo una idea di proposta e di progetto, una idea di crescita dimensionale delle imprese ed economica del Paese.

Ho anche apprezzato molto il passaggio della relazione del Presidente Mattioli in cui si avvia a lanciare una sfida attraverso ANIP non solo di rappresentanza ma anche volta ad aumentare il numero degli associati, perché penso che la questione quantitativa sia pari a quella qualitativa.

A livello mediatico fa molto rumore quando un’azienda lascia Confindustria.Noi continuiamo ad andare avanti con il nostro impegno, con l’obiettivo di garantire una rappresentanza di livello, perché i nostri associati si sentano parte attiva di un grande progetto per il Paese. Ma dobbiamo saperlo anche raccontare fuori dal nostro mondo per attrarre imprese ed avere forza, perché la forza si misura anche sulla quantità degli associati: quando andiamo a parlare con la politica spesso siamo pesati sui contenuti, sulla qualità, ma anche sul numero degli associati che rappresentiamo.

Questa è una partita che noi dobbiamo giocare insieme e dobbiamo esserne tutti consapevoli.

La grande sfida per noi oggi è cavalcare la 4° rivoluzione industriale in una dimensione di corresponsabilità e di collaborazione per la competitività interna ed esterna.

Come Confindustria ci siamo posti delle domande importanti, per le quali abbiamo risposte chiare e che non mi stanco di ripetere nelle nostre assemblee: cosa dobbiamo fare noi come imprese? cosa dobbiamo fare noi come Confindustria? cosa possiamo e dobbiamo fare noi e gli altri? quale idea di politica economica abbiamo? quale idea di Europa abbiamo? quali riforme vogliamo per il Paese?

Cosa dobbiamo fare come imprese lo abbiamo già detto: essere eccellenti in ogni funzione aziendale, servizi ai prodotti ecc., e questo lo dobbiamo fare dentro le nostre imprese. Cosa deve fare Confindustria per rappresentare questo mondo: l’incontro di oggi è già un passo in questa direzione, un confronto culturale, interno ed esterno alla nostra casa. Confindustria ha chiara l’idea della rappresentanza e cosa significa rappresentare: significa essere “ponte” tra gli interessi delle imprese e quelli del Paese. Non significa essere corporativi, conflittuali, o consociativi: significa che Confindustria porrà davanti a sé una idea di politica economica in cui i settori sono neutrali ma la competitività è trasversale ai settori, non la prevalenza del più forte ma la competitività di tutti. Dobbiamo ribadire che la rappresentanza di interessi non va confusa con la difesa degli interessi, che spesso facciamo nelle nostre imprese.

Un altro passaggio necessario sarà, come evidenziato anche nel discorso di Lorenzo Mattioli, introdurre delle relazioni industriali moderne, basate sul concetto della corresponsabilità, perché non si sta giocando il ruolo di rappresentanza di una categoria di imprese rispetto ai lavoratori, ma si sta condividendo una idea di Paese.

Noi e le banche. Le imprese, in particolare modo quelle innovative, negli ultimi anni sono quelle che hanno investito di più in attività intangibili, reti di distribuzione, brevetti, marchi, riorganizzazione, consulenze ecc. Ma il sistema bancario è in grado di valutare queste attività intangibili al pari dei tangibili? Dovremo lavorare con Abi e con le singole banche per un tavolo che insieme faccia emergere le attività intangibili al pari di quelle tangibili.

Stabilità e competitività. Praticare una politica basata sulla offerta e sulla competitività delle imprese richiede di avere una dimensione di governabilità e di stabilità di medio termine. Se ogni sei mesi il Paese vive in una campagna elettorale, ad esempio, tendenzialmente si avrà una politica basata sulla domanda, perché mirata a creare consenso. E questo lo abbiamo già capito da molto tempo. Stabilità e governabilità sono una precondizione per attuare una politica economica basata sull’offerta. Queste sono le motivazioni per cui Confindustria ha deciso di schierarsi per il “sì” al prossimo referendum costituzionale.

Vorrei inoltre sottolineare che non è strano che noi ci occupiamo di politica. Noi dobbiamo fare politica perché siamo un soggetto politico, equidistante dai partiti, ma facciamo scelte politiche. Perché questo è il ruolo di un corpo intermedio dello Stato, onesto, coraggioso, leale, corretto, che offre spiegazioni su argomenti e contenuti, che fa strategie e non tattiche. Come, per esempio, nel caso della riforma costituzionale: è strategico spiegare i motivi per cui la nostra politica economica e la riforma si intrecciano, mentre sarebbe stato tattico – e più conveniente – aspettare e non sbilanciarsi, così in un caso e nell’altro il risultato sarebbe stato utile. Ma così non si fa nessuna strategia.

Infine l’Europa. Quale Europa immaginiamo? Un’Europa coerente con la sua storia, pensiero ben sintetizzato in una frase di Jean Monnet che diceva “i miei obiettivi sono politici, le mie spiegazioni economiche”. E in questa Europa che deve avere anche spiegazioni economiche, Confindustria non può abdicare al suo ruolo rinunciando a formulare quelle spiegazioni che sono verso una politica economica per la crescita, coerente con la politica anticiclica della BCE. Noi dobbiamo costruire quell’idea di Europa che sappia anche coniugare sacrifici, speranza e visione. Siamo disposti a fare sacrifici oggi se stiamo disegnando un futuro altrimenti non ne capiamo il perché.

Vi ringrazio ancora per avermi invitato oggi, perché le assemblee delle associazioni sono per me momenti di ascolto e di condivisione molto importanti. Dalle relazioni e dagli interventi emerge il sentimento reale dei nostri associati, elemento alla base della nostra attività di rappresentanza, partendo anche da alcuni dubbi per poter arrivare insieme a delle certezze.

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